Sempre più frequentemente, negli ultimi mesi, veniamo contattati da ditte e imprese del settore industriale che ci chiedono prodotti (detergenti e soprattutto solventi) per abbattere le loro emissioni di COV a seguito di visite da parte di organi competenti (vedi ARPA, acronimo di agenzia regionale per la protezione dell’ambiente).
A riguardo vogliamo ribadire fermamente il concetto che, eliminare solventi e detergenti emettitori di COV dai processi di lavorazione industriale è possibile e non è un utopia.
Tuttavia, prima di ragionare sui nostri prodotti, è doveroso fare un passo indietro e comprendere il significato di “COV”.
COV è l’acronimo di composto organico volatile dove per composto organico s’intende un qualsiasi composto contenente almeno l’elemento carbonio (C) e uno o più tra gli elementi idrogeno (H), ossigeno (O), fluoro (F), cloro (Cl), bromo (Br), iodio (I), zolfo (S), fosforo (P), silicio (Si) o azoto (N), ad eccezione degli ossidi di carbonio (ad esempio la CO2) e dei carbonati e bicarbonati inorganici.
Stiamo parlando di sostanze basate sulla chimica del carbonio, ovvero di chimica organica.
Un COV, secondo il comma 11, dell’art.268 del DLgs 152/2006, è un qualsiasi composto organico che, ad una temperatura di 293,15 K, ovvero 20 °C, abbia una pressione di vapore di 0,01 kPa, o superiore, oppure che abbia la corrispondente volatilità in condizioni particolari di uso. La pressione di vapore e la volatilità definiscono l’attitudine di una sostanza, solida o liquida, a passare allo stato aeriforme.
In altri termini, più empiricamente, lasciando un serbatoio contenente una sostanza organica pura di interesse, a contatto con l’atmosfera (a 20°C), la sostanza viene definita COV se si misura in fase gas una concentrazione superiore a circa 100 ppm.
I composti organici volatili, come si evince dalle precedenti definizioni, sono una famiglia di composti chimici differenti, che, tra le altre caratteristiche, hanno anche quella di essere in grado di reagire, quando dispersi nella troposfera, dando vita a composti inquinanti.
Fanno parte di questa classe di composti organici:
- idrocarburi alifatici (ad es. butano, propano, n-esano)
- idrocarburi aromatici (ad es. benzene, toluene)
- alogenoderivati (ad es. diclorometano)
- aldeidi (ad es. formaldeide)
- chetoni (ad es. acetone, MEK)
- alcoli (ad es. etanolo, butanolo)
- esteri (ad es. acetato di etile)
- altri composti (ad es. acido acetico, acrilammide, nicotina, acetonitrile)
A livello generale è possibile affermare che ciascun inquinante dell’aria ha un tempo caratteristico di permanenza in atmosfera, legato alle sue proprietà chimico-fisiche. Tanto maggiore risulta essere questo tempo, tanto più l’inquinante può disperdersi nell’atmosfera per opera di venti e di correnti, alterando l’equilibrio chimico dell’atmosfera stessa.
Molti COV intervengono, ad esempio, nell’equilibrio del metano (CH4), prolungando la sua permanenza in atmosfera e contribuendo così all’incremento dell’effetto serra.
È inoltre importante notare come molti COV siano pericolosi per gli uomini e gli animali. A titolo di esempio, non certo esaustivo:
- Il benzene è un composto cancerogeno caratterizzato da un’elevata volatilità.
- La formaldeide è un altro composto tossico prodotto in elevate quantità e comunemente impiegato in moltissimi processi produttivi.
- I composti alogenati hanno elevate caratteristiche di volatilità e tossicità; inoltre, essendo tendenzialmente idrofobici, possono accumularsi nell’ organismo.
- I composti organici solforati, hanno una marcata tendenza ad avere un odore nauseante e sgradevole.
Come intervenire per l’abbattimento dei COV?
Per rispondere a questa domanda è doveroso tener conto del potenziale di infiammabilità di queste sostanze.
Talvolta, se non spesso, risulta essere necessario progettare impianti ATEX al fine di ridurre e gestire i rischi di incendio e/o esplosione connessi alla presenza dei COV.
Tenendo in considerazioni questi aspetti, possiamo intervenire con l’installazione di appositi sistemi di filtrazione dei vapori come:
– filtri a carboni attivi
– torri di lavaggio basati sulla filtrazione a umido
– biofiltri
Tutte queste tipologie di installazioni sono costose e prevedono una manutenzione costante, mentre sostituire i solventi emettitori di COV con solventi o detergenti privi o con ridotta emissione, risulta più pratico, vantaggioso ed economico.
Grazie alla loro caratteristica di non o bassa volatilità, questa nuova tipologia di solventi è riciclabile per decantazione, ed in più abbatte notevolmente (minimo 3 volte) il volume di perdita per evaporazione.
In altri casi, dove possibile, possiamo sostituire i solventi emettitori di COV con detergenti specifici, appositamente sviluppati per un impatto ambientale minimo se non addirittura pari a zero.
Noi di Purmate possiamo proporre diverse soluzioni a tal proposito, guidando il cliente nella scelta migliore dal punto di vista operativo/pratico, economico e della sicurezza.
Di seguito riportiamo una tabella con i parametri di confronto fra l’acetone, e alcuni dei nostri prodotti; prendiamo come esempio il processo di pulizia di resine e colle non polimerizzate di diversa natura (poliuretanica, epossidica, poliestere), ma potremmo fare lo stesso confronto fra altri solventi emettitori di COV e altri prodotti “green” per la pulizia di oli e grassi dalle superfici.
Non solo i nostri prodotti emettono meno COV, ma sono più sicuri come punto di infiammabilità, caratteristica fondamentale per la manipolazione e lo stoccaggio ed hanno una tensione di vapore a 20°C notevolmente inferiore all’acetone, il che equivale ad un notevole risparmio di prodotto da perdite per evaporazione! Non dimentichiamoci anche che alcuni dei nostri prodotti permettono all’operatore di lavorare senza maschera protettiva, qualora nella zona di lavoro non si formino aerosol che non possono essere espulsi con una adeguata aspirazione oppure il locale non sia adeguatamente ventilato.
Avete visto che ci sono diversi prodotti, di diversa natura che possiamo utilizzare per la sostituzione dell’acetone; a volte la sostituzione è semplice, a volte più complessa e determina anche un cambiamento nel modo di operare, ma i benefici sono indiscutibilmente superiori agli svantaggi. La sostituzione di un solvente va attentamente ponderata con una valutazione a 360°. Diciamo questo perchè sappiamo benissimo che i solventi e i detergenti alternativi hanno un costo maggiore dei prodotti tradizionali, ma se andiamo ad analizzare a fondo tutte le spese a cui andiamo incontro nell’ utilizzo di un prodotto emettitore di COV (gestione d’uso, stoccaggio, visite mediche specifiche per gli operatori esposti, smaltimento del rifiuto pericoloso che risulta essere tossico-nocivo), vi potete rendere conto che il gap tra un prodotto “green” e un prodotto “tradizionale”, non è così abissale.
Per quanto ci riguarda, “L’equazione meno inquino più risparmio è soddisfatta!“